Dott. Raffello Cortesi

Tesi di specializzazione

Dott. Gianpaolo Villani

Tecnica Bidimensionale


 

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ORTOGNATODONZIA

Direttore Prof. Vincenzo Piras

 

 

TECNICA BIDIMENSIONALE,
TECNICA LOW-FRICTION

MATRIMONIO (IM)POSSIBILE

 

Specializzando:

Dott. Gian Paolo Villani

 

Relatore:

Prof. Riccardo ELLERO

Correlatore:

Prof. Mauro FADDA

 

 

INDICE

 

 

 

  • INTRODUZIONE                                                       pag. 3
  • IL MOVIMENTO DENTALE                                        pag. 5
  • L’EFFICIENZA DEL SISTEMA BRACKET                 pag. 12
  • TRASLAZIONE DEI PREMOLARI E CANINI             pag. 14
  • LA DISTALIZZAZIONE DEL GRUPPO INCISIVO TERZA FASE                                                                           pag. 33
  • IL SISTEMA EMPOWER                                             pag.38
  • BIBLIOGRAFIA                                                            pag.40

 

 

 

INTRODUZIONE

“ La finalità di un trattamento ortodontico è quella di trasformare una malocclusione in una occlusione IDEALE dentoscheletrica di prima classe.” 1

La definizione di Gianelly mette in risalto alcuni aspetti :

  1. il trattamento ortodontico è in grado di trasformare una patologia chiamata malocclusione in uno stato di benessere definito occlusione ideale.
  2. l’occlusione ideale è l’occlusione dentoscheletrica di prima classe.
  3. l’unico obbiettivo della terapia è il raggiungimento della prima classe dentoscheletrica.

Nella definizione che diede allora Gianelly, poi da lui stesso modificata, manca quello che oggi è l’obbiettivo reale della terapia: il raggiungimento di un ottima estetica, senza dimenticare funzione e salute parodontale.

La medicina e la chirurgia estetica superano il concetto di solo benessere del paziente e introducono il concetto che una terapia può essere attuata anche in assenza di malattia, e considerano lecito trattare pazienti senza evidenti processi patologici in atto col solo intento di ottenere un miglioramento estetico della persona, riferendosi a canoni di idealità che vengono tracciati dalla cultura attuale.

Su questa linea la terapia ortodontica oggi si pone l’obbiettivo il raggiungimento di un’estetica ideale, ben sapendo che l’estetica del sorriso genera un miglioramento significativo nella qualità di vita dei pazienti adulti”.2

Con queste premesse possiamo definire nuovi obiettivi del trattamento ortodontico che possono essere riassunti in 4 punti fondamentali:

Estetica facciale

Salute dei tessuti parodontali

Eccellente funzione

Stabilità del risultato.

Sia la ricerca che l’industria sono orientate verso lo sviluppo di nuove tecnologie che permettano di raggiungere i risultati voluti, purché pianificati attraverso un attento processo diagnostico, con maggiore efficacia ed efficienza, cioè in modo predicibile ed in minor tempo. In particolare negli ultimi anni abbiamo assistito all’esplosione dei sistemi auto leganti, che sono alla base della filosofia Demon, e che vengono propagandati come sistemi in grado di stravolgere, in virtù delle loro caratteristiche, addirittura le regole del trattamento ortodontico.

Ma non tutti hanno sposato tali metodiche e le correnti di pensiero si sono divise fra chi vuole rimanere nella sicurezza di sistemi collaudati e chi invece cerca nell’evoluzione della tecnologia sempre nuove frontiere da esplorare. Agli antipodi possiamo mettere due filosofie di trattamento: da una parte l’innovazione delle tecniche Low Friction portate in auge da Damon, dalla parte opposta la tecnica bidimensionale che da sempre percorre in maniera attenta una strada ormai ben collaudata.

Lo scopo della tesi è di valutare se l’innovazione portata dalla tecnologia degli attacchi auto leganti possa portare dei vantaggi anche alla tecnica bidimensionale.

IL MOVIMENTO DENTALE

 

Possiamo identificare due tipi di movimento dentale :

1) MOVIMENTO DENTALE FISIOLOGICO 3

costituito da:

-movimenti dentali eruttivi: sono i movimenti spontanei dei denti che avvengono per tutta la vita e hanno il significato di mantenere stabile l’occlusione in presenza di usura dei denti.

 

 

Fig. 1 Estrusione del molare per mancanza dell’antagonista

 

– Il movimento spontaneo fisiologico :  descritto per la prima volta nel 1925 da Stein e Weinmann è un movimento caratterizzato da un riassorbimento frontale diretto della parete ossea provocato dagli osteoclasti, e neodeposizione ossea attuata dagli osteoblasti. Non essendo indotto da forze esterne è l’unico esempio di movimento dentale costituito da riassorbimento frontale diretto.

Può essere considerato il “Movimento ortodontico ideale” ottenibile senza collaborazione e stabile senza contenzione; è un movimento spontaneo che avviene senza fare nulla, senza cioè la necessità di applicare sistemi biomeccanici ai denti per ottenere il movimento.  Utilizziamo questo movimento nella terapia di mantenimento dello spazio di permuta quando attraverso le procedure di slicing vogliamo distalizzare senza toccarli i denti anteriori, oppure quando in caso di agenesie vogliamo che avvenga una mesializzazione dei molari senza inclinazione attraverso le procedure di separazione delle radici dei molaretti da latte.

 

Fig. 2 : Slicing molaretti da latte per permettere la distalizzazione spontanea dei primi premolari permanenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

2) MOVIMENTO DENTALE PROVOCATO DA UNA FORZA ORTODONTICA : MOVIMENTO ORTODONTICO

Fig. 3 intrusione ortodontica con tecnica low friction

 

Il movimento ortodontico è determinato dall’applicazione di una forza al dente. Le principali teorie che riguardano i principi di come avviene il movimento ortodontico sono la teoria  piezoelettrica e la teoria pressione tensione.4

La teoria piezoelettrica sostiene che in seguito alla deformazione della struttura cristallina dell’osso causata da uno stimolo meccanico (masticazione), si generano correnti di natura appunto piezoelettrica. Tali correnti sembrano essere responsabili del mantenimento del naturale trofismo dell’osso garantendone l’integrità attorno ai denti. Rivestono minore importanza nel movimento ortodontico perché vengono generate da forze intermittenti, ma non dalle forze continue impiegate nella terapia ortodontica, anche se l’applicazione di correnti elettriche migliora la velocità dello spostamento ortodontico.

La teoria della pressione tensione parte dal concetto che l’applicazione di una forza al dente ne determina lo spostamento attraverso l’attivazione del sistema osteoclasti osteoblasti provocato dalla flessione o spinta corporea del dente sul legamento parodontale. In queste aree il flusso ematico si modifica e vengono attivati sia i mediatori chimici, che le cellule specializzate all’attivazione del movimento ortodontico.

Gli studi sulla biologia del movimento ortodontico sono iniziati più di 100 anni fa (Sandstedt, 1904-1905)5, ma ancora oggi non sono ancora completamente chiariti. Studi in vitro hanno identificato un modello sperimentale ideale che spiega ciò che avviene : attivazione dei fibroblasti, rilascio di mediatori chimici (PGE citochine ecc.  ) attivazione degli osteoclasti e degli osteoblasti, riassorbimento frontale dell’osso dalla parte della spinta, neoapposizione dalla parte in cui il legamento viene trazionato. (Fig.4)

 

Fig.4:  trazione di un dente in osso rigenerato per rigenerare osso

 

Solo l’utilizzo di forze leggere permette che avvengano tutti i processi descritti nei vari modelli sperimentali, intendendo per forza leggera la forza minima necessaria per ottenere uno spostamento dentale. In realtà nella pratica clinica poter applicare una forza di questo tipo rimane un’utopia, per la difficoltà che si incorre nella gestione di  sistemi biomeccanici complessi quali sono i dispositivi ortodontici.

Le forze pesanti interrompendo, di fatto, la vascolarizzazione, determinano la necrosi asettica del parodonto con l’arresto dell’attività cellulare e formazione di un tessuto attorno al dente, che per il suo aspetto istologico è definito tessuto ialino: il movimento dentale si arresta. Dalla midollare ossea parte comunque un processo di riassorbimento del tessuto ialino che quando si completa, permette che avvenga il movimento del dente: riassorbimento sotto minante, il movimento dentale avviene con riassorbimento osseo indiretto6.

Il concetto di forza pesante o leggera deve però essere considerato sia alla luce del movimento da effettuare, che della superficie radicolare del dente da spostare.

Movimenti di tipping intrusione ed estrusione richiedono forze di minore intensità rispetto ai movimenti di traslazione corporea, il movimento di un molare richiede maggior forza rispetto ad un monoradicolato7.

Con queste premesse, si è sviluppata la tecnica di Damon: lui parte dal presupposto che l’uso degli attacchi afrizionanti permetta l’utilizzo di forze continue e leggere con attivazione di un movimento ortodontico del tipo riassorbimento frontale diretto. La teoria, espressa bene da Fontanelle, sostiene che il dente possa spostarsi con l’osso attorno e non attraverso l’osso provocando di fatto una rigenerazione ossea ottenuta col movimento ortodontico: “il dente non si sposta attraverso il suo osso di sostegno, ma avviene come se trascinasse con se il suo osso di sostegno”. Ciò avverrebbe anche nei movimenti di espansione dell’arcata, e di conseguenza i denti vestibolarizzati avrebbero osso sulla loro superficie radicolare. Si può di conseguenza ottenere uno sviluppo dell’arcata sia in senso trasversale che sagittale, comunque giustificato dalla rigenerazione ossea determinata dal movimento ortodontico

La discussa teoria non è accettata da chi segue con attenzione la tecnica bidimensionale, che considera l’arcata inferiore non modificabile, non essendo possibili espansioni del diametro intercanino, e allungamenti dell’arcata maggiori di 1 mm.

Infatti primo requisito della sua tecnica bidimensionale è il controllo assoluto della posizione dell’incisivo inferiore e di conseguenza della lunghezza d’arcata. Per ovviare alla inevitabile proinclinazione degli incisivi che avviene in caso anche di minimo affollamento, la tecnica prevede fin dalle fasi iniziali del trattamento, l’utilizzo di un arco nity rettangolare 0,18 x 0.25 da 100 gr, che nello slot .018 x .025 della prescrizione bidimensionale, determina lo sviluppo di una forza molto elevata, per l’espressione immediata del torque. In questo modo si ottiene di fatto un blocco del movimento del dente, per l’attivazione di movimento con ialinosi, che incrementa il controllo delle posizione dell’incisivo inferiore, ponendolo in ancoraggio.

La sostituzione dei bracket tradizionali con una sistematica autolegante potrebbe essere utile anche in tecnica bidimensionale, perché permetterebbe di eliminare il fattore, variabile, delle legature. Inserendo forzatamente il filo nel bracket si avrebbe sempre un ingaggio fermo dell’arco nello slot, bloccato dal sistema di chiusura, con massimo controllo della forza. Un perfetto controllo dell’ingaggio del filo elimina le differenze determinate dalla legatura: essendo uno sportello o una clip a mantenere l’arco in sede, questi possono essere solo aperti o chiusi, eliminando di fatto la possibilità che possa esserci un ingaggio parziale del filo  nel bracket.

Gli attacchi autoleganti quindi potrebbero essere usati in tecnica bidimensionale con uno scopo esattamente opposto rispetto alla tecnica low friction: forze continue e leggere che determinino un movimento del tipo frontale diretto nella bassa frizione, forze pesanti con attivazione di movimento con ialinosi nella bidimensionale.

 

Fig.5. Attacchi GAC arco .012 nicheltitanio, espressione di forze leggere: sviluppo dell’arcata

 

Fig.6 Attacchi Empower bidimensionali arco .018 x .025 100 gr neosentalloy: attivazione della clip settori anteriori, massimo controllo torque.

 

 

 

 

Fig.7 Massimo controllo della posizione dell’incisivo.

 

 

L’EFFICIENZA DEL SISTEMA DEI BRACKET:

Esiste un sistema di bracket ottimale?

La domanda è stata posta in una recente intervista al dott. Nanda9, e la sua risposta è stata negativa, perché le prescrizioni dei sistemi con valori di tip e torque predeterminati non possono essere applicati a tutti i pazienti. Rispetto all’efficienza dei sistemi low friction ritiene che i tempi di trattamento dei casi non estrattivi con tali sistemi si riducano grazie ad una riduzione delle fasi di allineamento e livellamento. Mentre tutto ciò che riguarda la “magia dei sistemi self ligating” sia solo rumore commerciale.

Sarebbe quindi indicato nella fase di livellamento anche in tecnica bidimensionale un sistema che sveltisca la risoluzione dell’affollamento, ma solo nei casi in cui la vestibolarizzazione del gruppo incisivo determinata dalla risoluzione dell’affollamento sia concorde col piano di trattamento. Una delle basi diagnostiche e terapeutiche della tecnica bidimensionale è, come già detto, il controllo del profilo, inteso come controllo della posizione dell’incisivo inferiore rispetto al Pogonion. Se tale posizione risulta retrusa come ad esempio nei casi di morso coperto con arcata inferiore contratta, la ricostituzione della forma d’arcata può essere effettuata in perdita di ancoraggio, ed in questo caso l’uso di una sistematica self ligating può accelerare il movimento. E’ evidente che deve essere variata anche la sequenza di archi, utilizzando all’inizio archi di dimensioni ridotte tipo .014 nicheltitanio, che garantiscano lo sviluppo di forze continue e leggere, e non permettano l’esplicarsi del torque nelle fasi iniziali di allineamento. Il movimento che si viene a determinare è un movimento essenzialmente di tipping della corona che può avvenire in tempi brevi. (Fig.8 e 9)

 

Fig. 8:  Arcate contratte

 

Fig.9:  Necessità di ricostruzione della forma d’arcata

 

Per quanto riguarda pazienti che non abbiano tali caratteristiche, l’uso di un sistema auto legante può essere giustificato dalla riduzione dei tempi alla poltrona e dalla possibilità di aumentare il tempo di pausa fra due controlli successivi.

 

TRASLAZIONE DEI PREMOLARI E CANINI.

Un altro aspetto da considerare è se un sistema autolegante possa ridurre i tempi di scorrimento dei denti. La tecnica bidimensionale prevede tre distinte fasi terapeutiche, la prima è la distalizzazione dei molari, la seconda lo scorrimento distale dei premolari e dei canini, la terza è rappresentata dall’arretramento del gruppo incisivo. Le prime due fasi preparano i settori posteriori in modo da creare un’unità di ancoraggio, che si opponga alla successiva fase tre di chiusura dell’overjet.

La domanda è: può un sistema autolegante determinare una riduzione di attrito tale che sia determinante per accelerare la traslazione dei denti?

L’attrito è la forza di resistenza che si oppone al movimento quando due superfici vengono a contatto10. In ortodonzia è determinato dal contatto fra superficie dell’attacco e quella dell’arco.  Esistono due tipi di attrito, statico e dinamico.

L’attrito statico è una forza che si oppone a qualsiasi altra forza  che tende a muovere due corpi a contatto: la sua ampiezza è quella che serve a tenere vicendevolmente fermi i due corpi finche la frizione non viene superata e i corpi scorrono uno sull’altro. Anche se le macchine moderne che lavorano i metalli preparano la superficie di questi con grande cura e precisione, esse presentano una certa rugosità che di solito è compresa fra qualche decina e qualche decimo di micron.

Fig. 10: Fisionomia della zona di contatto di 2 metalli

Il contatto fra i due corpi è localizzato su zone ristrette, proprio al livello dove le asperità di un metallo vengono a contatto con quelle dell’altro. In corrispondenza di queste zone si creano delle interazioni di tipo meccanico con formazione di microgiunzioni, soprattutto se esiste una pressione che spinge le due superfici una verso l’altra11. La forza che applicata in modo da far scivolare fra loro vicendevolmente le superfici dei due metalli permette di superare queste microgiunzioni è appunto la forza di attrito statico. A velocità nulla le giunzioni fra le asperità possono essere visualizzate come delle molle che tengono unite le due parti. Quando si applica la forza di scorrimento questi legami si deformano elasticamente determinando uno primo spostamento, prescivolamento. La rottura di tali legami permette di avviare il movimento fra le due superfici.

 

 

Fig.11 : modello dell’attrito statico e del pre-scivolamento.

Fu Leonardo Da Vinci che per primo riconobbe la forza di attrito statico, lui valutò che l’attrito è indipendente dalla superficie di contatto, infatti lo stesso cubo metallico posizionato su un altro elemento metallico sulla faccia larga o quella stretta richiede la stessa forza per essere spostato, inoltre dimostrò che la forza del primo movimento, quella che occorre a smuovere i due corpi a contatto è maggiore rispetto quella necessaria a mantenerli in movimento.

Consideriamo quindi due blocchi metallici sovrapposti, fra di loro, in situazione di quiete, si esercita la sola forza peso, che agisce verticalmente fra i 2 blocchi, che evidentemente staranno fermi.

Fig.12: blocchi contrapposti A e B

 

Quando si applica una forza al blocco A diretta verso destra, il blocco non si muove, perché c’è una forza che si oppone a quella applicata, che lo tiene fermo, tale forza si chiama attrito statico che si identifica con f.

Fig.13 : La forza F non determina movimento per opposizione della forza f attrito.

Ma se aumentiamo ulteriormente tale forza arriveremo ad un punto in cui sarà F>f e avverrà il movimento fra i due corpi. Il momento in cui inizia tale movimento si definisce fs  detta appunto forza di attrito statico. Si spiega così come la forza di attrito statico sia indipendente dalla superficie di contatto, come disse Leonardo, perché aumentando la superficie aumenta l’attrito di superficie ma diminuisce la forza per unità di superficie. Se però sul primo blocco ne mettiamo un altro, aumentando di conseguenza il peso, la forza per muovere i due cubi aumenta: la forza di attrito è proporzionale alla pressione esercitata sulla superficie.

 

Fig.14: All’aumentare del peso aumenta fs, fs2>fs

Il rapporto fra fs e N, cioè fra la forza necessaria per lo spostamento e il peso dell’oggetto è costante, se ne conclude che essendo l’attrito proporzionalmente legato alla forza peso, le differenze di attrito fra i vari elementi dipendono solo dalla rugosità delle superfici, cioè dal tipo di materiale. Per questo è sempre utile valutare i differenti tipi di metalli o materiali che sono interessati nella meccanica ortodontica, perché ogni coppia di materiali opporrà una diversa forza di attrito statico.

 

 

Fig.15: tabella di alcuni coefficienti di attrito.

Valutando la tabella si può notare come il coefficiente di attrito statico fra due superfici in acciaio sia 0,74, mentre il materiale che offre il coefficiente di attrito minore, a parte l’aria e il ghiaccio, sia il teflon.

L’attrito dinamico è di norma inferiore e si oppone al movimento continuo che avviene fra due superfici.

Fig. 16: grafico relativo al passaggio fra attrito statico e dinamico

L’attrito di scorrimento dipende da tre parametri:

  • velocità dello scivolamento (inversamente proporzionale)
  • pressione media di contatto (direttamente proporzionale)
  • temperatura superficiale media (direttamente proporzionale).

Considerata la lentezza con cui si muovono i denti, possiamo considerare l’attrito dinamico inesistente in ortodonzia, e valutare il sistema biomeccanico ortodontico come un puro sistema statico.

Nel sistema ortodontico la forza di attrito può indubbiamente variare in rapporto alla legatura del bracket all’arco, infatti una legatura metallica forzata può aumentare la pressione del filo sul bracket determinando in effetti un maggiore attrito.

Se consideriamo un sistema biomeccanico, la frizione è solo una parte della resistenza al movimento di un bracket che scorre lungo un arco.

Kusy e Whitley12 hanno diviso la resistenza allo scorrimento (RS) in 3 componenti:

1) Attrito, statico o cinetico (FR), dovuto al contatto del filo con le superfici del bracket;

2) Binding (BI), o deformazione elastica, che si origina quando un dente si inclina o il filo si flette, creando quindi un contatto tra il filo e gli angoli dell’attacco;

  1. Physical Notching (NO), o deformazione plastica, quando si assiste a una deformazione permanente del filo nel punto di interfaccia dell’angolo filo-bracket. Ciò capita spesso in condizioni cliniche.

 

Quando si applica una forza di trazione ad un dente, il primo movimento che si ottiene è l’inclinazione del dente, tipping. Questo fenomeno è determinato dal fatto che mentre il punto di applicazione della forza è vicino alla corona, il centro di resistenza è posizionato a livello radicolare, circa a 6/10 della distanza tra apice dentale e cresta alveolare, e di conseguenza l’inclinazione del dente è il movimento più facile da ottenere ed in effetti è il primo che avviene. Quando l’attacco si inclina, l’angolo dell’attacco si ingrana sull’arco: il movimento si arresta e riprende solo quando si risolve il notching. Studi di Robert Kusy in laboratorio hanno rivelato come i principali antagonisti al movimento ortodontico siano appunto i fenomeni del binding e notching. Articolo e Kusy13 hanno dimostrato infatti che l’influenza del binding cresce con l’aumento dell’angolo filo attacco: con angolo di 7° il binding produce l’80 % della resistenza allo scorrimento, mentre se l’angolo aumenta a 13° il binding determina il 99% della resistenza allo scorrimento e la frizione non ha importanza. Braun e al.14 hanno valutato la resistenza allo scorrimento con diverse dimensioni di filo, diversi sistemi leganti e diversi angoli di binding, giungendo alla conclusione che ogniqualvolta che l’angolo di binding si riduce fino a permettere lo scorrimento, la resistenza posta dall’attrito si riduce a zero.

Se consideriamo quindi il sistema dente attacco filo forza meccanica, dobbiamo avere presenti varie considerazioni:

  • il centro di resistenza del dente è distante dal punto di applicazione della forza. Questa situazione determina l’instaurarsi di un complesso sistema bio-meccanico che instaura sul dente tre tipi di movimento: un movimento traslatorio nella direzione del vettore forza, che è il movimento desiderato, e due movimenti indesiderati che sono la rotazione del dente sul piano orizzontale, e la rotazione assiale del dente, tipping. Queste rotazioni sono contrastate appunto dal contatto dell’attacco sul filo. Su paragoniamo l’attacco ad una cannula la rotazione della cannula sul filo provoca il fenomeno del binding, termine che non ha equivalenti in italiano, e viene reso abbastanza bene dal termine bolognese “si ingallona”. L’ingallonamento del tubo nella cannula porta al grippaggio del sistema, cioè al blocco del movimento.
  • Un altro blocco che si può determinare può essere causato dalla possibilità che lo spigolo dell’attacco incontri rugosità dell’arco subendo di fatto un blocco meccanico dello scorrimento. Questo fenomeno è definito in inglese notching. in italiano, blocco meccanico allo scorrimento.
  • Il sistema in vivo è sottoposto alle forze meccaniche della masticazione che agiscono stimolando il sistema. In pratica notching e binding vengono sbloccati dalle spinte esercitate dalla masticazione. O’Reilly e altri15 hanno fatto oscillare l’attacco durante la misurazione della resistenza allo scorrimento, producendo lo stesso rilascio temporaneo del binding: sono giunti a una conclusione simile: “Se si considera la situazione clinica, dove esiste un movimento intermittente tra l’attacco e l’arco, allora dal punto di vista clinico non è possibile parlare di vera frizione, ma piuttosto di un fenomeno di binding e release”.

Quindi è importante visualizzare come avvenga il fenomeno del binding, visto che tutta la letteratura lo considera la determinante fondamentale che caratterizza il movimento ortodontico

Per poter mettere in evidenza come in realtà avviene questa meccanica, ho creato un semplice esperimento, che non vuole avere nessuna valenza scientifica, ma permette di visualizzare cosa succede.

 

SCOPO DEL LAVORO

Visualizzare attraverso un semplice sistema fatto in casa, la dinamica del movimento ortodontico, con e senza applicazione della resistenza, distante dal centro di applicazione della forza.

MATERIALI E METODI

Alcuni attacchi di canini superiori di diverse categorie sono stati saldati a spezzoni di filo australiano di 0,018 inc di diametro. Il filo sporge per circa 1cm superiormente e circa 3 cm inferiormente. Le saldature sono state effettuate con un saldatore al laser, posizionando il filo sulla basetta dell’attacco in modo da essere in linea col centro dell’attacco, da un saldatore esperto: ditta Laser di Cremonini Paolo. Sono stati scelti 4 tipi diversi di  attacchi tutti con lo slot di dimensioni 0.022×0,028,

1°: attacco convenzionale tipo Straight Wire, Viktory 3M

2°: attacco tipo bidimensionale della 3M

3°: attacco autolegante attivo Time 3 American Orthodontics

4°: attacco autolegante passivo Empower American Orthodontics.

Gli attacchi sono stati legati a fili di tipo australiano 0.018, e 0.020 inc con i diversi tipi di legature che di solito si utilizzano in base al tipo di attacco usato, cioè sportellini attivi o passivi nel caso di attacchi autoleganti, legatura metallica non serrata con il tipo bidimensionale, modulo elastico per l’attacco straight wire. I sistemi fili attacchi sono stati attaccati ad una vaschetta di plastica del tipo usato per conservare i cibi in frigo, sui cui lati sono state fatte delle strette  fessure usando un disco separatore montato su manipolo da laboratorio. Il filo sia 0,018 che 0,020 si incastra in maniera precisa nella fessura. Da una sola parte del filo è stato crimpato un pin GAC international.

 

 

Fig.17: Sistema molla filo attacco

Una molla 3M Nytinol Closed Light raffreddata con spray freddo, e quindi disattivata, è stata collegata fra l’attacco ed il pin. Usando un phon da capelli è stata riscaldata la molla, attivandola, e provocandone la contrazione che ha mosso il sistema. Una piccola macchina fotografica posta all’interno della scatola ha filmato il movimento. I filmati ridotti di dimensioni sono stati inseriti in una pagina you tube e possono essere visionati da chiunque. Sulla pagina del sito www.studiovillanibo.it  sono presenti i link per l’accesso alla pagina you tube. Sono stati quindi effettuati 8 filmati , corrispondenti ai 4 diversi attacchi su ognuno dei due fili. Per ottenere la rappresentazione dell’attrito offerto dal sistema biomeccanico comprendente il dente, è stato aggiunto del grasso al litio Castrol LM Grease, che rimanendo denso ha permesso di effettuare una analoga ripresa.

 

Fig.18: grasso all’interno della scatola.

 

DISCUSSIONE

Testando il sistema con le varie combinazioni filo attacco, senza attrito aggiunto, solo l’attacco time 3 sul filo 0,020 ha presentato un evidente problema di ingallonamento, pur raffreddando e riscaldando più volte la molla, l’attacco non si è mosso liberamente come gli altri (vedi filmato n°6). In tutti i sistemi il centro di resistenza può essere considerato al centro dell’attacco, in quanto lo spezzone di filo di 3 cm che sporge dall’attacco verso il basso  non produce nessuna resistenza essendo libero di scorrere nell’aria. Il punto di applicazione della forza, la molla, è molto vicino al centro di resistenza, e in effetti scarse o nulle inclinazioni si sono evidenziate nel sistema. In un caso con attacco Viktory su filo 0,018 il punto di applicazione della forza è stato allontanato dal centro di resistenza applicando la molla sullo spezzone di filo cha sporge in alto, allontanando di fatto il punto di applicazione della forza dal centro di resistenza di circa 1 cm e si è ottenuta una inclinazione del bracket con flessione del filo, fino a quando la molla è scivolata ed è volata via (vedi filmato n°8). Quindi è evidente che maggiore è la distanza fra punto di applicazione della forza e centro di resistenza e maggiore sarà il fenomeno dell’inclinazione dell’attacco con successivo ingallonamento e blocco del movimento per ingranamento dell’attacco sul filo (Fig.:19).

Fig.19: aumentando la distanza del punto di applicazione della forza dal centro di resistenza aumenta il Binding.

Il sistema rappresentato da attacco filo grasso vuole evidenziare quello che succede nella realtà clinica, quando si applica la forza a livello dell’attacco mentre il centro di resistenza è lontano da tale punto di applicazione a livello della radice piantata nell’osso.

Il grasso al litio Castrol LM Grease permette di essere attraversato con estrema facilità dallo spezzone di arco che sporge verso il basso, che di fatto viene infilato nella massa grassa, e, fatto scorrere manualmente, scivola attraversandola senza troppa fatica.

Ma la resistenza offerta dal grasso è comunque sufficiente a spostare il centro di resistenza del sistema verso il basso: all’applicazione della forza, molla raffreddata e poi scaldata col phon, a livello dell’attacco, si assiste alla sua rotazione, inclinazione e blocco per ingallonamento: binding.

 

 

Fig. 20: L’azione della molla non provoca lo spostamento dell’attacco, per attivazione del binding, l’arco si flette.

L’arco inizia a flettersi per azione della molla che nonostante abbia una forza molto contenuta è comunque in grado di flettere l’arco che assume un andamento ad esse (fig.20:) notching. Il movimento è di fatto bloccato. Continuando ad attivare il sistema l’arco si stacca dalla sua sede ricavata nella scatola, sollevandosi verso l’alto come una canna da pesca nell’atto della ferrata.(Fig.21).

 

Fig. : 21 L’arco si stacca dalla sede della scatola e viene proiettato in alto, liberando il bracket che è libero di scorrere.

 

Le possibilità che abbiamo per ottenere un movimento attraverso il grasso sono dettate dalla fisica. Se evidenziamo il sistema come un complesso di vettori forza, la risultante del sistema esprime un momento rotazionale a carico dell’attacco, generando appunto il fenomeno dell’ingallonamento, con conseguente flessione del filo.(Fig 21)

 

 

Fig.21: Schema del parralelogramma delle forze in gioco in un sistema attacco filo resistenza.

 

Le possibilità di controllo del sistema sono note in campo ortodontico, infatti attraverso l’uso di power arm, si sposta il piano di applicazione della forza il più vicino possibile al punto di resistenza agevolando di conseguenza il movimento. Fig.: 22

 

 

 

Fig.22: controllo della rotazione dell’attacco e del binding tramite traslatori di forze.

Ma possono esserci altre possibilità per contrastare gli effetti indesiderati della meccanica.

Come abbiamo visto due sono i fattori che bloccano il sistema, l’angolazione dell’attacco con ingranamento dell’arco sul filo e flessione del filo per superamento della forza della molla della forza di rigidità del filo stesso. Possiamo evitare che il filo si fletta utilizzando uno spezzone di filo di dimensioni maggiori che costituirà un trave rigido in grado di non flettersi all’azione della molla, ed una cannula che infilata nell’arco limiti al massimo la rotazione, cioè con un foro interno dello stesso diametro del filo. Non essendoci spazio fra cannula e filo il sistema scorre con attrito, perciò conviene usare un materiale che abbia il minor coefficiente di attrito nei confronti dell’acciaio e che sia lavorabile in spessori sottili. Il teflon è il materiale che può avere le caratteristiche desiderate. E’ stata interpellata la ditta Rhein di Bologna, famosa per la produzione delle cappette in teflon OT-CUP, che mi ha prodotto un prototipo di tale cannula.

 

 

La cannula ha una lunghezza di 3 mm circa e un foro interno di diametro leggermente inferiore ad 1mm in modo che un arco di diametro 0.90 mm possa essere inserito nella cannula senza che possano però verificarsi dei fenomeni di angolazione.(Fig. 23)

 

Fig.23: cannule in teflon

 

Il filo utilizzato il Remanium Draht federhart della ditta Dentaurum.

Sulla cannula è stata applicato uno spezzone di filo identico a quello della serie di attacchi utilizzati precedentemente fissato in composito.(Fig 24)

 

Fig.24: cannula fissata allo spezzone di filo

Ho ripetuto l’esperimento filmando varie situazioni:

  1. La cannula in teflon utilizzata su achi 0,018 e 0.020 in acciaio scorre perfettamente nella situazione senza grasso, ma nel sistema con grasso tende ad ingallonarsi anche se comunque scorre. Vedi filmati 12 e13
  2. La cannula in teflon scorre perfettamente sull’arco 0.90 in assenza di grasso, ma scorre altrettanto bene anche in presenza della massa grassa. Vedi filmati 14 e 15

Possiamo quindi ragionevolmente pensare che il sistema meccanico costituito dal sistema cannula di teflon arco in acciaio di grosse dimensioni costituisca un sistema in grado di contrastare l’effetto del binding durante una meccanica di scorrimento. Tale sistema può essere clinicamente utilizzato per esempio per muovere dei denti con l’obbiettivo di rigenerare osso in terapia pre implantare. Il sistema che presenta una meccanica migliore è quindi quello costituito da un attacco (cannula) che ha all’interno un foro di dimensioni simili all’arco e costituisca una specie di boccola che eviti l’ingallonamento (binding),

Queste considerazioni portano alla conclusione che non può essere posto come presupposto l’uso di attacchi autoleganti per  la velocizzare il movimento di scorrimento attraverso la riduzione delle forze di attrito, essendo l’attrito il problema meno importante, mentre il binding deve essere considerato il fattore principale che si oppone al movimento. Le considerazioni più importanti dovranno essere poste nel valutare la forma dell’attacco, che deve avere angoli smussati che riducano il binding, un’attenta biomeccanica con l’uso di forze proporzionate al sistema in uso. Ma il fattore che maggiormente influenza la velocità del movimento è sicuramente da ricercare nel fattore costituzionale del paziente visto che sicuramente la biologia del movimento cambia da persona a persona come l’impatto delle forze intraorali, occlusione elasticità dei tessuti ecc.16

 

LA DISTALIZZAZIONE DEL GRUPPO INCISIVO, TERZA FASE

 

Nella terza fase del trattamento ortodontico condotto in tecnica bidimensionale si effettua l’arretramento del gruppo incisivo. I gruppi dei denti posteriori, preparati durante le precedenti fasi costituiscono l’ancoraggio, che permette l’arretramento dell’intero gruppo incisivo. Il problema principale in questa fase è il controllo della perdita di ancoraggio. Molte sono le metodiche che possono essere messe in campo per controllare i movimenti indesiderati dei denti che devono restare fermi, i rinforzi di ancoraggio, appunto, come unione di più denti, teo, elastici di seconda classe, barre transpalatali, ortho tads, ecc. La perdita di controllo dei settori posteriori comporta di fatto una perdita di possibilità di correzione della malocclusione con compromissione del successo del trattamento ortodontico sia sotto il profilo funzionale che estetico.17

Uno degli aspetti da considerare è che utilizzando fin dall’inizio archi rettangolari, si danno informazioni di terzo ordine a tutto il gruppo incisivo, prima della fase di arretramento, che avviene quindi a torque espresso. La tecnica prevede di arretrarli corporalmente, e perciò si usano forze elevate di 300 gr per lato. Queste due situazioni biomeccaniche forze elevate e arretramento del gruppo incisivo a torque espresso costituiscono un grosso rischio di perdita di ancoraggio dei settori posteriori. Proffit 4infatti consiglia  nel caso di massima retrazione degli incisivi (ancoraggio massimo), di provvedere ad un sistema biomeccanico che comporti due situazioni precise : primo rinforzo dell’ancoraggio, secondo riduzione della sollecitazione dell’ancoraggio posteriore. Il primo fattore è evidente, tutti i sistemi che possiamo utilizzare  devono essere applicati per tenere fermi i denti. Per il secondo aspetto Proffit consiglia varie tecniche fra le quali eliminare le forze frizionali dal sistema, ed eseguendo prima il tipping degli incisivi poi l’uprighting. Per evitare la frizione lui consiglia l’uso di anse. In uno studio della dottoressa Silvia Geron17 viene messo in evidenza che “ l’incorporazione dei secondi molari nella strategia di ancoraggio, basse forze di retrazione, e la meccanica priva di attrito sono fattori di maggiore importanza rispetto all’ancoraggio tradizionale quali teo e non arretramento en masse”.

Il sistema di attacchi quindi entra in gioco ancora nel controllo della frizione. Abbiamo già valutato come la frizione generata da puro contatto attacco filo sia ininfluente, e che il punto importante che garantisce lo scorrimento è evitare fenomeni di binding degli attacchi o cannule. Ma possono verificarsi questi fenomeni durante la terza fase?

Il sistema degli attacchi e cannule dei molari premolari e canino può essere assimilato ad un lungo tubo all’interno del quale scorre l’arco 0,018×0,022 in acciaio che ha una forma allargata a livello dei premolari ed una accentuata curva di spee, non ha pieghe di primo e secondo ordine, perché l’arco deve poter scorrere liberamente nel sistema dei bracket. Una molla di retrazione prende origine dall’uncino dell’attacco della cannula molare e viene tesa fino ad un uncino posto sull’arco subito distale al laterale. L’uncino dell’arco viene posizionato rivolto in basso in modo che la stessa direzione della trazione attraversando di fatto l’arco controlli la flessione dell’arco stesso, che si avrebbe se la molla stazionasse solo al di sopra dello stesso.

 

 

 

Fig. 25: terza fase

La chiusura dell’overjet avviene quindi grazie allo scorrimento dell’arco in senso distale, libero di scorrere all’interno dei bracket.

I blocchi allo scorrimento in questo caso non devono essere ricercati in azioni di binding per inclinazione (tipping) del singolo dente, perché i denti di fatto non ruotano non essendo soggetti a forze. L’importante è che i vari attacchi siano ben allineati e le legature siano non troppo strette in modo da non provocare attrito da compressione dell’arco sul bracket. Non ci sono evidenze che mostrino come un sistema a bassa frizione possa essere più efficiente rispetto ad un sistema tradizionale. In questa fase quindi il sistema a bassa frizione non porta alcun vantaggio alla tecnica. Il controllo del binding deve essere effettuato sul piano orizzontale nel senso di controllare attentamente la rotazione dei molari. Se il molare ruota a causa della trazione, che ha un punto di applicazione non in asse col centro di resistenza del dente, avviene l’ingaggio della cannula sull’arco con blocco del movimento. (Fig.26)

 

Fig.:26 rotazione molare e blocco dell’avanzamento

 

La situazione è ben evidente nel caso in cui una trazione applicata direttamente ad una molare che deve essere protruso ne provoca la rotazione con blocco dell’avanzamento, la molla agisce su tutto il gruppo incisivo determinando perdita di ancoraggio e apertura di spazi. Analogamente la rotazione di un molare può indurre il blocco della meccanica di scorrimento.

 

 

IL SISTEMA EMPOWER

Prodotto da American Orthodontics il sistema è composto da attacchi autoleganti che possono essere usati in maniera

completamente passiva o interattiva.

Secondo il costruttore il sistema dovrebbe dare tutti i benefici della bassa frizione nelle fasi iniziali del trattamento e maggiore controllo nelle fasi finali per garantire il controllo delle rotazioni e del torque. Gli attacchi interattivi presentano una forma dello slot asimmetrica, con la parte di slot gengivale più bassa, rispetto la occlusale. Un arco di dimensioni inferiori al 0.016x 0.016 nel caso dello  slot 0.018, o 0.016×0.022 nello slot 0.022 non vengono ingaggiati in maniera attiva dall’attacco. Archi di maggiori dimensioni vengono controllati dall’aletta che in quel modo diventa attiva permettendo appunto il controllo del torque. Questi attacchi possono essere usati su tutta l’arcata. In particolare gli attacchi 0,018, che possono essere usati sugli incisivi centrali e laterali ipotizzando un trattamento con tecnica bidimensionale, sono attivi con archi 0.016×0.022. Gli attacchi passivi hanno lo slot di altezza 0.022 anche nella parte gengivale: in questo modo l’aletta non interferisce mai con l’arco anche se di grandi dimensioni. Gli attacchi passivi sono prodotti solo per i settori posteriori. Questo sistema può essere comodamente trasferito sulla tecnica bidimensionale avendo il concetto del controllo del torque nei settori anteriori fin dalle prime fasi di trattamento utilizzando archi 0.016 x 0.022 con la possibilità di poter ottenere uno sviluppo di arcata in tempi più brevi con l’uso di archi di minor diametro quando il piano di trattamento lo consenta. La passività dell’attacco nei settori posteriori permette una buona scorrevolezza nelle fasi in cui sia richiesto lo scorrimento dei denti sull’arco o dell’arco all’interno dello slot. Analizzando l’attacco si notano particolari costruttivi come lo smusso e l’arrotondamento dello slot fatti apposta per limitare i fenomeno del binding e del notching.

Potrebbe essere il sistema che unisce la bassa frizione con la tecnica bidimensionale, manca solo lo slot centrale.

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Antony A. Gianelly,Tecnica Bidimensionale teoria e pratica: Orteam spa Milano 1999 Nov; cap.1 pag. 35
  2. Gazit-Rappaport T, Haisraeli-Shalish M, Gazit E., Psychosocial reward of orthodontic treatment in adult patients : J Orthod. 2010 Aug;32(4):441-6. E pub 2010 Jan 20.
  3. Sfondrini Fraticelli, Ortognatodonzia terapia, Edizioni Martina Bologna 2008Mar; 1: 1-13
  4. William R. Proffit, Ortodonzia moderna, Masson editore.
  5. Murray C. Meikle, The tissue, cellular, and molecular regulation of orthodontic tooth movement: 100 years after Carl Sandsted European Journal of Orthodontics 28 (2006) 221–240
  6. Reitan K. Clinical and histologic observations on tooth movement during and after orthodontic treatment. Am J Orthod. 1967 Oct;53(10):721-45.
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  8. Fontanelle A.: A periodontal concept of induced tooth movement: clinical evidence. Rev. Orthop. Dento Faciale 1982; 16:37-53.
  9. JCO interviews: DR. Ravindra Nanda on Orthodontic Mechanics. 2010 JCO,Inc.

 

  1. Roberto Capone, Esercizi di Fisica:Dinamica del punto materiale      http://www.robertocapone.com.
  2. http://www3.unipv.it/electric/azionamenti/Puerari/Cap_6.pdf.
  3. Robert P. Kusy and John Q. Whitley: influence of archwire and bracket dimension on sliding mechanics: derivation and determination of the critical contact angles for binding; European Journal of Orthodontics 21 (1999) 199-208.
  4. Articolo LC, Kusy RP: Influence of angulation on the resistance to sliding in fixed appliances; Am J Orthod Dentofacial Orthop. 1999 Jan;115(1):39-51.
  5. Braun S, Bluestein M, Moore BK, Benson G. Friction in perspec- tive. Am J Orthod Dentofacial Orthop 1999;118:619-27.
  6. O’Reilly D, Dowling PA, Lagerstom L, Swartz ML. An ex vivo investigation into the effect of bracket displacement on the resis- tance to sliding. Br J Orthod 1999;26:219-27.
  7. Burrow SJ.: Canine retraction rate with self-ligating brackets vs conventional edgewise brackets.; Angle Orthod. 2010 Jul;80(4):438-45.
  8. Silvia Geron, DMD, MSca; Nir Shpack, DMD, MScb; Samouil Kandos, DMDc; Moshe Davidovitch, DMDa; Alexander D. Vardimon, DMDd Anchorage Loss—A Multifactorial Response Angle Orthodontist, Vol 73, No 6, 2003